Produzione
Accademia San Felice

Georg Friedrich Händel
(Halle 1685 - London 1759)

Rodrigo
ovvero Vincer se stessi è la maggior vittoria
(HWV 43)

libretto di Antonio Salvi
da Il duello d’amore e di vendetta di Francesco Silvani
prima rappresentazione Firenze 1707

 

 

ENSEMBLE SAN FELICE
direttore Federico Bardazzi

regia Luciano Alberti

abiti ideati e realizzati da COVERI

videoproiezione realizzata da
“Il Gobbo e la Giraffa”

personaggi e interpreti
Rodrigo Gloria Banditelli
Esilena Laura Cherici
Florinda Elena Cecchi Fedi
Giuliano Leonardo De Lisi
Evanco Susanna Rigacci
Fernando Cristiana Fogli

orchestra
flauti dolci Marco Di Manno, Martino Noferi
oboi Martino Noferi, Marco Del Cittadino
fagotto François de Rudder
violini I Roberto Anedda, Giacomo Scarponi,
Anna Maria Fornasier
violini II Daniele Del Lungo, Silvia Salvi
viola Flavio Flaminio
violoncelli Jean-Marie Quint, Michele Tazzari
contrabbasso Francesco Tomei
tiorba Michele Pasotti
maestro collaboratore, clavicembalo, fortepiano Federica Bianchi

Il Rodrigo di Händel
perché e come di Luciano Alberti
Tra l’ottobre e il novembre del 1707 andava in scena a Firenze il Rodrigo, la prima opera di Georg Friedrich Händel rappresentata in Italia.
L’autore aveva 22 anni; aveva cominciato a scrivere opere “italiane” ad Amburgo. Qui erano avvenuti i suoi primi contatti con la famiglia Medici. La corte fiorentina, all’inizio del XVIII secolo, era una meta ambìta per i musicisti:  il Principe Ferdinando, nella villa di Pratolino – dotata di un teatro “modernissimo” – ospitava maestri illustri (ricordiamo il siciliano-napoletano Alessandro Scarlatti, il veneziano Antonio Vivaldi, il romano Pasquini), gare tra virtuosi rimaste storiche, spettacoli sontuosi.
Ferdinando è stato l’unico, dei Medici, che abbia rinnovato il mecenatismo musicale degli antenati, con fasti paragonabili a quella che, poco più di un secolo prima, era stata la nascita del  melodramma. In quegli stessi anni fu alla sua corte che Bartolomeo Cristofori inventò il primo “gravicembalo col piano e forte”: vale a dire il primo pianoforte*.
Per il Rodrigo si è anche ipotizzato che vedesse la luce a Pratolino; ma fu invece al Teatro del Cocomero (l’autunno era il tempo in cui la corte ritornava in città).
La critica vede nelle prime opere di Händel la massima affermazione del suo genio  melodrammatico. Il Rodrigo, che solo da pochi lustri è stato ricomposto nella sua interezza, secondo un percorso musicologico quanto mai complesso, conferma luminosamente quel genio.
Il Rodrigo non è mai stata rappresentato scenicamente.

Filippo Juvarra: nella produzione copiosa di questo grande scenografo del primo Settecento (che fu anche grande architetto), siciliano di origine, ma soprattutto operoso fra Roma (nel Teatro del Cardinale Ottoboni, il protettore di Cristina di Svezia) e Torino, alla corte dei Savoia, si è trovata la chiave spettacolare per la riproposta del  Rodrigo: nei disegni – splendidi sia nella fase di abbozzi sommari, sia nelle ulteriori definizioni – come nelle incisioni, che costellano integralmente – scena  per scena – la pubblicazione di vari libretti: segno del prestigio di cui immediatamente godette l’artista, in un’epoca, che è stata la più feconda per la scenografia italiana (l’epoca di Ferdinando Bibbiena: per dire il più illustre rappresentante di una celebre famiglia di pittori  teatrali; cui in ogni caso il nostro Juvarra non fu secondo). “Sale magnifiche”, giardini, porti, accampamenti: il repertorio delle ambientazioni proprie del melodramma del tempo è presente nella vasta produzione juvarriana in un’inesauribile varietà di soluzioni: darne conto, semplicemente – per via di proiezioni adeguatamente articolate secondo l’iter drammaturgico dell’opera – vuol essere  il più congruo “accompagnamento” visivo alla musica di Händel: in piena, naturale consonanza stilistica.
Su tale continuum scenografico il risalto dei personaggi dovrà essere evidente, perseguito attraverso la più viva attenzione al valore della parola (il libretto di Francesco  Silvani ha una sua generale nobiltà), sia nei recitativi che nelle arie (e nei preziosi duetti): forme chiuse, forgiate dal compositore secondo un intuito e una fantasia teatrale del tutto insolita – al tempo – già personalissima.

 

* Già alla fine del Seicento Bartolomeo Cristofori, costruttore e curatore degli strumenti a tastiera alla corte medicea, sperimentava metodi nuovi di fare vibrare le corde dei clavicembali. La prima notizia ufficiale dell’invenzione di Cristofori viene da un inventario di strumenti musicali della collezione di Ferdinando de’ Medici del 1700, dov’è scritto: “Un Arpicimbalo di Bartolomeo Cristofori, di nuova inventione, che fa il piano e il forte,  con alcuni […] salterelli con panno rosso che toccano nelle corde, et alcuni martelli che fanno il piano e il forte, […..].” Undici anni dopo, nel 1711,  Scipione Maffei pubblicò un articolo nel “Giornale de’ letterati”, in cui descrive dettagliatamente lo strumento nuovo.
Si sono conservati tre fortepiani originali di Bartolomeo Cristofori: uno (datato 1720) al Metropolitan Museum a New York, uno (datato 1722) al Museo degli strumenti musicali di Roma ed uno, il più recente (datato 1726), al museo dell’Università di Lipsia.

Lo strumento utilizzato per questa produzione è una copia esatta del fortepiano attualmente a Lipsia, realizzata da Kerstin Schwarz e conservata al Museo di strumenti antichi del Conservatorio Cherubini di Firenze, presso la Galleria dell’Accademia delle Belle Arti. È uno strumento molto leggero, grazie all’uso del legno di pioppo per la cassa. La tavola armonica è di cipresso. Le corde sono d’ottone con diametri simili a quelli di un clavicembalo italiano. L’estensione della tastiera è quattro ottave, Do1-Do5. La geniale meccanica a martelli contiene già tutti i componenti fondamentali della meccanica moderna. Vi si trovano le leve e le teste dei martelli, le leve intermedie, gli scappamenti e gli smorzi. I martelli sono fatti di rotoli di carta, coperti da un pezzettino di pelle. Con questa meccanica si rendono possibili una leggerezza, una velocità del tocco e una sfumatura del suono che si perderanno nelle meccaniche successive.

Sinossi
Il soggetto ha una base storica nei racconti della fine del regno visigoto in Spagna. Si narra che a Rodrigo, illegittimamente asceso al trono, si opposero, con l’appoggio dei Mori, il figlio del re spodestato e il conte Giuliano di Ceuta, cui il re aveva rapito la figlia.. La sconfitta di Rodrigo condusse all’inizio della dominazione musulmana in Spagna.
Si riconosce nella trama dell’opera l’elaborazione di questi dati storici. Rodrigo, che siede sul trono d’Aragona dopo aver strappato il potere al legittimo re Vitizza e averlo ucciso, ha sedotto la giovane Florinda, promettendole di ripudiare in suo favore la moglie. Il re tuttavia non mantiene la parola. La vicenda si sviluppa dal proposito di vendetta di Florinda, sedotta e disonorata, cui si intreccia il desiderio di rivalsa di Evanco, giovane figlio di Vitizza. Dopo alcuni rivolgimenti l’opera termina lietamente con la pace e lo stabilirsi di legami amorosi legittimi.

Atto I
Florinda è furiosa: Rodrigo, al quale ha dato un figlio, non intende mantenere la promessa di ripudiare per lei la moglie Esilena. Il re – dopo aver annunciato a Florinda che il generale Giuliano (fratello di lei) ha sconfitto l’attacco dei ribelli – difende il proprio comportamento chiamando in causa la ragion di stato. Florinda giura vendetta.
I tradimenti di Rodrigo impediscono a sua moglie Esilena di gioire per la vittoria militare. Il generale Fernando la consola con la prospettiva che Rodrigo le torni fedele.
Giuliano rientra vittorioso dalla campagna militare. Ha fatto prigioniero il giovane capo dei ribelli, Evanco, figlio del precedente re. Evanco proclama orgogliosamente la nobiltà della propria stirpe e della causa per cui lotta. Rodrigo ordina che Evanco sia suppliziato, ma per intercessione di Esilena il giovane viene lasciato in vita. Esilena elogia Giuliano.
Giuliano offre a Evanco la propria amicizia e il giovane risponde dichiarando che conserverà l’onore anche nella sconfitta. Florinda rivela al fratello Giuliano di essere stata resa donna e madre da Rodrigo, e gli chiede di vendicarla. Adirato per il disonore della sorella, Giuliano libera Evanco e si unisce alle forze dei ribelli contro il tiranno. La prospettiva di una vendetta memorabile esalta Florinda.
Rodrigo, solo, ha presentimenti funesti. Fernando strappa Rodrigo ai suoi pensieri annunciandogli la nuova ribellione guidata da Giuliano. Rodrigo invia Fernando ad affrontare i nemici.
Rimasto con la moglie, Rodrigo le rivela che la nuova guerra è conseguenza delle promesse fatte a Florinda, che egli ha amato di quell’amor che solo ama se stesso. Esilena si dice pronta a cedere il posto alla rivale in nome della pace. Il re, che ancora ama Esilena, rifiuta quest’offerta, ma accetta che la moglie si rechi da Florinda come messaggera di pace. Esilena decide comunque di lasciare il proprio trono a Florinda.

Atto II
Sul campo di battaglia Giuliano ed Evanco arringano i soldati. Arriva la notizia che Esilena chiede a Florinda un colloquio; giunge inoltre una lettera di Fernando, che si dichiara pronto a sostenere la causa dei ribelli e dà a Giuliano un appuntamento notturno, in luogo solitario. Florinda ed Evanco temono un tranello, ma Giuliano preferisce affrontare il rischio.
Evanco dichiara a Florinda di amarla da lungo tempo, nonostante la freddezza che la donna gli ha finora dimostrato. Florinda pospone l’amore alla vendetta. La prospettiva dell’amore di Florinda basta comunque a riscaldare Evanco.
Esilena e Florinda si incontrano. Florinda sprezza l’offerta della regina, che le propone il trono e il talamo in cambio della pace. Rimasta sola, Florinda riconosce che è definitivamente morto il suo amore per Rodrigo.
Rodrigo medita sulla sua fine, quando Esilena gli annuncia il fallimento della sua missione di pace. I due si preparano a resistere, ed eventualmente a morire insieme.
Giunge Fernando, che ha fatto prigioniero Giuliano con l’inganno. Giuliano si dichiara pronto a morire e ad attendere Rodrigo sullo Stige per la resa dei conti. Su suggerimento di Esilena, Rodrigo tiene Giuliano vivo come ostaggio e invia Fernando a chiedere che Evanco si consegni e che Florinda si allontani in esilio. Fernando si allontana pronosticando la fine della guerra. Rodrigo ed Esilena sperano ora in un lieto futuro d’amore.
Evanco incita i soldati. Quando Fernando si presenta per chiedere l’esilio di Florinda e la consegna di Evanco, questi lo uccide. Florinda gioisce.

Atto III
Rodrigo, solo nel tempio, ha visioni di morte di fosca grandezza. Esilena lo esorta a combattere ancora e Rodrigo, esaltato dalle parole della moglie, si dichiara pronto a una morte gloriosa. I due si danno l’addio. Sola, Esilena offre se stessa gli dei per la vita del marito.
Giuliano esulta per la vittoria ed Evanco sta per uccidere Rodrigo, quando lo ferma Florinda, che vuole ucciderlo di propria mano. Irrompe Esilena: nell’estremo tentativo di salvare la vita di Rodrigo, porta in braccio il figlio di Florinda e del re. Alla vista del bambino, Florinda recede dal proposito di vendetta e convince Evanco a fare lo stesso, dichiarandogli che lo ama.
Rodrigo ed Esilena, Evanco e Florinda –  le due coppie finalmente unite – affermano i loro sentimenti.

Rodrigo dichiara che si ritirerà insieme a Esilena; cede il regno d’Aragona a Evanco e la Castiglia al figlioletto di Florinda, con Giuliano come reggente. L’opera si chiude con la sentenza vincer se stesso è la maggior vittoria e con un coro che celebra la potenza dell’amore sulla vendetta.

 

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