Produzione
Opera Network
Ensemble San Felice

in collaborazione con
Accademia di Belle Arti di Firenze
Spazio Reale
Teatro Niccolini San Casciano Val di Pesa

General Management Carla Giovanna Zanin

Henry Purcell
The Fairy Queen
(Z 629)

 

 

ENSEMBLE SAN FELICE
direzione Federico Bardazzi

regia e costumi Vivien Hewitt

coreografia Roberto Sartori

Scene a cura del Corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Firenze
coordinamento Massimo Mattioli

trucco e parrucco di scena Lucia Pazzagli

lighting designer Alfredo Magnanelli

cast
Second Fairy sopranoAdriana Gheorghisor
Third Fairy basso Martin Ng
Fourth Fairy soprano Claudia Muntean
Fifth Fairy soprano Carla Madrid
Sixth Fairy tenore Sergio Hernandez
Seventh Fairy tenore Rodrigo Ocampo
Night soprano Carla Madrid
Mystery soprano Chiara Brunello
Secrecy altoFloriano D’Auria
Sleep basso Martin Ng
Corydon basso Dario Shikmiri
Mopsa alto Francesco Ghelardini

Dryade 1 soprano Giulia Gianni, Carla Madrid
Dryade 2 soprano Claudia Muntean
Naiade 1 soprano Veronica Joo
Naiade 2 soprano Chiara Brunello
Attendant to Oberon 1 soprano Carla Madrid
Attendant to Oberon 2 tenore Sergio Hernandez Cabrera
Attendant to Oberon 3 tenore Massimiliano Damiani
Phoebus tenore Rodrigo Ocampo
Drunken Poet basso Leonardo Sagliocca
Spring soprano Veronica Joo
Summer alto Raluca Pescaru
Autumn tenore Massimiliano Silvestri
Winter basso Leonardo Sagliocca
Juno soprano Claudia Muntean
Hymen basso Leonardo Sagliocca
Chinese Man alto Francesco Ghelardini
Chinese Woman 1 soprano Veronica Joo
Chinese Woman 2 soprano Carla Madrid

attori
Titania, Flute Elia Nichols
Signora delle pulizie, Thisbe Suzanne Da Silva
Oberon, Duke Eric Nicholson
Lysander, Snug, Lyon  Matias Enoch Endrek
Demetrius, Snout, Wall Francesco Renzoni
Hermia, Quince, Prologus Carolina Gamini
Helena, Starveling, Moonshine Megan Donovan
Bottom, Pyramus Andrea Bruno Savelli
Puck, Robin Rodrigo Ocampo
Indian boy Yoaf Bosidan

danzatori
Alice Bandini
Yoaf Bosidan
Claudia Landone
Gian Marco Norse
Anna Maria Paoletti
Chiara Prina
Elisa Scarselli

orchestra
flauti Marco Di Manno, Ilaria Guasconcini, Cecilia Bastidas
traversiere Ana Alexandrescu
oboi Martino Noferi, Marco Del Cittadino
fagotto François de Rudder
trombe naturali Alessio Molinaro, Emanuele Antoniucci
timpani barocchi Gregory Lecoeur
violini I Luigi Cozzolino, Ruggero Marchesi, Da Won Ghang,
violini II Anna Noferini, Giacomo Granchi, Michele Fabbri
viole Anne Lokken, Tommaso Valenti
violoncello Anna Del Perugia
contrabbasso Mario Crociani
tiorba Andrea Benucci
clavicembalo Gabriele Micheli
organo Giacomo Benedetti

Il Progetto OPERA NETWORK mira a realizzare produzioni, prevalentemente riferite  all’ambito del teatro lirico del Seicento e del Settecento, che si svolgono in rete con altre esperienze simili sul territorio provinciale e regionale e si legano idealmente con progetti formativi inerenti le principali figure artistiche: strumentisti, cantanti, e tecnico-professionali per l'allestimento scenico. Grazie alla sinergia tra la formazione artistica e quella tecnico-artigianale legata alle nuove tecnologie, l'opera musicale sarà interamente realizzata dagli allievi partecipanti insieme ai docenti stessi dei corsi e darà loro l'opportunità di sperimentare direttamente sul palcoscenico le conoscenze e le competenze acquisite e di misurarsi con le complesse dinamiche di un allestimento di teatro musicale.

In questa ottica nasce la produzione di The Fairy Queen di Henry Purcell in quanto quest'opera prevede la partecipazione, oltre che di cantanti e strumentisti, anche di attori e danzatori, offrendo in tal modo l'opportunità di coinvolgere differenti professionalità. Inoltre la parte musicale richiede un grande numero di personaggi e questo permette di valorizzare in maniera ottimale i giovani coinvolti.

La regia è affidata a Vivien Hewitt, regista irlandese ormai toscana di adozione, specialista di opera barocca, la direzione musicale a Federico Bardazzi.

Scopo principale del progetto è quello di realizzare un modello produttivo virtuoso e innovativo nell’ambito dello spettacolo dal vivo in cui giovani e professionisti, con il supporto di enti e istituzioni di chiara fama, possano collaborare dando vita a spettacoli di alta qualità a costi di produzione ridotti, che permettano di entrare nel mercato dei circuiti di tradizione con particolare riferimento ai teatri storici toscani. Questo permetterà immediate opportunità occupazionali per i giovani coinvolti e al contempo un notevole risparmio di risorse per gli enti lirici che vorranno beneficiare di queste produzioni. E’ prevista anche la promozione di queste produzioni su scala più ampia in Italia e all’estero grazie anche a progetti transnazionali e finanziamenti della Unione Europea.


Henry Purcell Fra i grandi prìncipi della musica barocca, di Henry Purcell si hanno scarse notizie biografiche. La sua stessa opera è sprofondata nell’oscurità per lungo tempo e solo nel XX secolo è stata riscoperta contribuendo a donare nuovo vigore alla scuola compositiva britannica. Nacque probabilmente a Westminster il 10 settembre del 1659. Suo padre, Henry Purcell il Vecchio, era un Gentiluomo della Cappella Reale e cantò all’incoronazione di re Carlo II d'Inghilterra. Fu maestro del coro dell’Abbazia di Westminster per tre anni, ricoprendo anche vari incarichi nell’Orchestra Reale e condividendo il ruolo di “liuto e voce” con Angelo Notari. Alla morte di quest’ultimo, avvenuta probabilmente nel 1663, Purcell il Vecchio si fece carico anche delle mansioni lasciate inadempiute dal collega, morendo però anch’egli l’anno successivo, nel 1664. Secondo alcune fonti biografiche dell’epoca, il giovane Henry doveva avere circa 6 anni alla morte del padre, cosa che farebbe perciò risalire la sua nascita al 1658 anziché al 1659. La questione sembra al giorno d’oggi ancora lungi dall’essere risolta.
Dopo la morte del padre nel 1664, anno della nascita di suo fratello Daniel, anch'egli in seguito compositore, il giovane Henry venne seguito da suo zio Thomas Purcell (1682†), il quale gli dimostrò sempre grande affetto e gentilezza. Anch’egli Gentiluomo della Cappella Reale, successe ad Henry Lawes come liutista di corte, ottenendo anche altri incarichi di rilevanza, probabilmente in virtù del favore e dell’influenza che deteneva presso la Corona. Grazie al prestigio dello zio, il giovane Henry divenne così corista nella Cappella Reale sotto la guida del Capitano Cooke, un valente musicista che ottenne il rango militare combattendo per la causa dei Realisti durante la Guerra Civile. Secondo quanto attestano i diari di Samuel Pepys, Cooke aveva uno straordinario assortimento di fanciulli sotto di sé che istruì con grande rigore e dedizione. Quando qualcuno di loro si accingeva per la prima volta a scrivere qualche composizione, egli lo incoraggiava vivamente. Proprio in questo ambiente così fecondo il giovane Henry Purcell passò la sua infanzia, sviluppando abilità sorprendenti.
Leggende narrano che Purcell componeva musica già all’età di 9 anni, ma la prima opera che poté essere attribuita a lui fu un’ode per il compleanno del Re, risalente al 1670. Cooke morì nel 1672 e Pelham Humphreys venne nominato nuovo maestro di cappella. Esperto musicista, Humphreys aveva lavorato sotto la guida di Jean-Baptiste Lully. Non è noto se egli abbia avuto anche altri maestri a Parigi o in Italia, ma probabilmente apprese molta della tecnica di Giacomo Carissimi, assai in voga in quel periodo. Pur non avendo né la ricca immaginazione, né la genialità compositiva di Purcell, egli ebbe comunque il merito di aver introdotto nuovi stili compositivi e un nuovo metodo d’insegnamento, aprendo vie ancora sconosciute alla scuola barocca britannica. Fu una sfortuna per l’Inghilterra che egli morì così prematuramente. Hemphreys aveva indubbiamente talento, dimostrandosi meno artificioso rispetto a John Blow, che gli successe nel 1674. Questi in seguito si vantò di essere stato il maestro di Purcell, e, siccome il giovane Henry fu certamente il suo pupillo, non ci sono ragioni di dubitarne. Henry Purcell aveva circa sedici anni quando Humphries morì, ormai era abbastanza cresciuto per essere un semplice corista. Sui registri dell’Orchestra Reale, il 10 giugno 1673 è annotata «l’autorizzazione per ammettere Henry Purcell nelle funzioni di custode, fabbricante, riparatore, accomodatore ed accordatore di organi, virginali, flauti e tutti gli altri qualsivoglia strumenti a fiato di Sua Maestà, ed assistente di John Higston». Nel 1683, quando Purcell era ormai divenuto organista dell’Abbazia di Westminster, fu nominato «fabbricante e custode di organi al posto di Mr. Hingston, deceduto».
Si può immaginare che l’istruzione ricevuta dal Dr. Blow sia stata principalmente nel suonare l’organo, arte nella quale Blow era uno maestro assai stimato. Nel contempo non devono essere dimenticate anche le parole dello stesso Purcell, che riteneva Blow «il più grande maestro di composizione al mondo». Purcell lodò molto dell’abilità e della perizia tecnica di Blow, alla quale amava attenersi e fare costante riferimento. È verosimile che Blow possa aver insegnato a Purcell qualcosa dello stile più antico, quello di Lulli e della scuola barocca italiana, certamente appreso da Humphreys. John Blow era nato nel 1648, ed era un anno più giovane di Humphreys e dieci più vecchio di Purcell. Nel 1669 era divenuto organista dell’Abbazia di Westminster. Egli, come Humphreys, e, a dire il vero, come la maggior parte dei musicisti del periodo, aveva numerosi incarichi, ottenendone in seguito sempre di più alto profilo. Si dice che egli rassegnò la carica presso Westminster nel 1680 per favorire la carriera di Purcell. Che la rinuncia del posto di organista sia stata volontaria oppure no non è possibile saperlo con certezza, ma senza dubbio Purcell prese il suo nuovo ufficio in quella data. Dopo la morte di Purcell nel 1695, il Dr. Blow riprese nuovamente l’incarico, mantenendolo sino alla sua morte, nel 1708.
Purcell compose opere teatrali famose tra cui The Libertin. Nel 1679 compose un inno per la Chapel-Royal. Durante il periodo nel quale occupò la carica di organista presso l'Abbazia di Westminster si dedicò quasi esclusivamente alla scrittura di Musica Sacra, e per sei anni non si dedicò più al teatro. Nonostante ciò, probabilmente prima di diventare organista compose due importanti opere teatrali, quali la musica per Theodosius e per Virtuous Wife. La composizione della sua opera Didone ed Enea, che rappresenta un’importante tappa nella storia della musica drammatica inglese, è attribuita a questo periodo. Questo capolavoro è considerato il primo autentico d’Inghilterra. Poco dopo il matrimonio con Frances nel 1682, Purcell venne promosso ad organista della cappella reale, una posizione che poté tenere simultaneamente a quella nell’abbazia. Negli anni seguenti si occupò della produzione di musica sacra, odi per il Re e la famiglia reale, ed altre simili composizioni. Purcell riprese il suo lavoro in ambito teatrale nel 1687, fornendo la musica per Tyrannic Love, di Dryden. Tre anni dopo compose la colonna sonora per The Tempest di Shakespeare, ripresa da Dryden, e, nei mesi ed anni a venire, ne scrisse molte altre per diverse opere teatrali conosciute all’epoca. Il Te Deum and Jubilate di Purcell fu scritto per il giorno di Santa Cecilia, nel 1693. Fu il primo Te Deum con accompagnamento d’orchestra. Questo capolavoro veniva suonato annualmente alla cattedrale di St. Paul, fino al 1712, quando fu alternato con quello di Händel.
Durante l'ultimo anno della sua vita (1695) scrisse la semi-opera La Tempesta, uno dei suoi più grandi capolavori. Purcell morì nella propria casa, nel Dean’s Yard, a Westminster, nel 1695, all’apice della gloria. Sua moglie e tre dei sei figli gli sopravvissero. Ella morì nel 1706, dopo aver pubblicato numerose sue opere, tra cui l'ormai famoso Orpheus britannicus. La causa di morte di Purcell è tutt’ora incerta, esistono due teorie. Una di queste narra che sia morto di polmonite, essendo rimasto chiuso fuori casa in una sera particolarmente fredda e umida dopo essere rientrato tardi da un'opera; l’altra, più bizzarra, afferma che sia stato avvelenato tramite cioccolata. Forse la più credibile è che sia morto di tubercolosi, una malattia assai diffusa all'epoca. Dopo la morte, Purcell fu onorato da molti suoi contemporanei: Händel lo prese a modello in molti lavori musicali ed in uno scritto di R.J.S. Stevens risalente al 1775 si racconta che al tempo in cui Handel era già cieco, in una sera in cui stava assistendo ad una esecuzione del suo oratorio Jephta, il maestro dello stesso Stevens, William Savage seduto al fianco del vecchio compositore sassone si avvicinò dicendo: "Questo movimento mi ricorda la musica del nostro vecchio Purcell!", e Händel rispose: "Và al Diavolo! Se qui oggi ci fosse Mr Purcell, avrebbe composto qualcosa di molto migliore!". In Gran Bretagna sono stati fondati numerosi circoli ed associazioni in sua memoria.

 

 

 

La vicenda ricalca, con alcune variazioni al testo e all’intreccio, quella narrata da

Shakespeare nel Midsummer Night’s Dream (Sogno di una notte di mezza estate). Si

intrecciano tre storie parallele, che vedono coinvolti due coppie di giovani ateniesi con

le loro schermaglie amorose, fate e folletti sudditi di Oberon e Titania, e una compagnia

di artigiani/attori dilettanti intenzionata a mettere su un dramma.

Atto I

Nella prima scena si presentano i quattro giovani ateniesi. Sia Demetrius che Lysander sono innamorati di Hermia, la quale rifiuta di sposare il primo, impostole dal padre, perché ama il secondo. Dal canto suo Helena soffre perché Demetrius non ricambia il suo sentimento.
Contemporaneamente un gruppo di artigiani si riunisce nel bosco per mettere in scena un dramma ispirato alle vicende di Piramo e Tisbe, e dedicato al duca e alla duchessa di Atene. Il capomastro Peter Quince legge i nomi dei personaggi e li assegna agli attori, con Bottom protagonista. L’appuntamento per l’azione teatrale è “alla quercia del Duca”.
Alla sera, fuori dal palazzo reale, appare Titania. La regina ordina al suo seguito di intrattenere il suo diletto paggio indiano con canti e danze. Entra in scena un poeta ubriaco e balbettante; le varie fate lo prendono in giro e alla fine lo conducono via.

Atto II
Il re Oberon è infuriato con la moglie Titania perché lei si rifiuta di cedergli il bellissimo ragazzo indiano. Deciso a vendicarsi, Oberon chiama il giullare di corte Puck (o Robin Goodfellow), e gli ordina di raccogliere per lui un fiore magico, il cui succo, versato sulle palpebre di una persona addormentata, ha il potere di farla innamorare della prima creatura vivente che essa vedrà al risveglio. Oltre ad agire su Titania, Puck dovrà versare il succo anche su Demetrius in modo che si innamori di Helena.
Si rivelano le varie fate del corteo di Titania, che intonano canti di gioia e di festa. Dopo che la regina si è addormentata, intervengono vari personaggi allegorici: Night, Mistery, Secrecy e Silence, che accompagnano l’avanzare della notte e del sonno.

Atto III
Il maldestro Puck ha scambiato Demetrius con Lysander, versando il succo del fiore sugli occhi di quest’ultimo che, appena si risveglia, dimentica Hermia per riversare il suo amore su Helena. Entrambe le ragazze sono ovviamente disorientate dal cambiamento improvviso di Lysander.
Nel frattempo Quince e gli altri si sono ritrovati per provare la loro rappresentazione. Puck osserva la scena e, desideroso di fare uno scherzo a Bottom, trasforma la sua testa in quella di un asino senza che lui se ne accorga. Gli altri attori, vista la metamorfosi, fuggono terrorizzati, lasciando di stucco il povero Bottom. Rimasto solo, egli decide di mettersi a cantare per consolarsi. La sua voce sveglia Titania, la quale, sotto l’effetto del liquido magico, si innamora perdutamente di lui. La strana coppia viene intrattenuta da ninfe, driadi e naiadi, che cantano i piaceri e i tormenti dell’amore, e infine da un buffo e strampalato duo di tagliatori di fieno, Corydon e Mopsa.
Dal canto suo Oberon si accorge del madornale errore di persona commesso da Puck e gli ordina di rimettere immediatamente le cose a posto.
Atto IV
Nel tentativo di rimediare, Puck bagna gli occhi di Demetrius con il liquido incantato, ma l’effetto su Lysander non è ancora svanito. Ora la situazione è dunque rovesciata rispetto all’inizio: entrambi i giovani sono innamorati di Helena, la quale è sempre più frastornata, e ignorano la disperata Hermia. Tutti e quattro litigano furiosamente tra loro, e i due uomini si sfidano a duello. Compito di Puck è evitare lo scontro e togliere l’incantesimo da Lysander in modo che ami di nuovo Hermia. Tutti e quattro cadono addormentati, e quando si sveglieranno le nuove coppie si saranno formate.
Anche Titania si sveglia e, non più sotto l’effetto della pozione, crede di aver sognato tutto. Oberon ordina a Puck di ridare a Bottom le sue sembianze originali.
I brani musicali celebrano lo svanire della notte e il ritorno del sole, impersonato dal dio Apollo. Compaiono anche le quattro stagioni che cantano le caratteristiche della natura durante il loro periodo.
Atto V
Il duca e il suo seguito arrivano sul posto dove i quattro giovani stanno ancora dormendo. Quando si svegliano, essi sono riappacificati e credono che le vicende notturne siano state solo un sogno. Il duca è pronto a benedire le due coppie formate da Lysander e Hermia e da Demetrius e Helena, e invita tutti ad andare al tempio dove si celebrerà il doppio matrimonio.
Intanto gli attori della compagnia sono avviliti dall’assenza di Bottom, che rende impossibile proseguire con il loro spettacolo. Ma proprio in quel momento il compagno riappare, convinto anche lui di aver solo sognato quanto accaduto. Tutti di nuovo al completo, essi decidono di andare al palazzo e presentare il dramma durante la festa nuziale.
Anche Oberon e Titania si sono riconciliati e sono pronti ad assistere, insieme a tutte le creature della foresta, alla grande festa finale. Appare la dea Giunone, che benedice gli amanti, mentre una fata canta il dolore universale per l’amore perduto.
La scena finale vede lo svolgersi della festa, che diventa ancora più spettacolare ed esotica con la presenza di nuovi personaggi, due donne e un uomo cinesi, dalla danza delle scimmie e dall’apparizione di Imene, dio del matrimonio, che sancisce la sacralità dell’unione tra i quattro giovani ateniesi. Quest’ultima parte dell’opera è una nuova celebrazione delle nozze tra Guglielmo III d’Orange e Maria II Stuart, che regnarono uniti su Inghilterra, Scozia e Irlanda dal 1689 al 1694.

 

Associazione Culturale Firenze   info@ensemblesanfelice.com